mercoledì 9 aprile 2008

Veltroni, Marx, e le idee dominanti

L'appuntamento elettorale del 13 aprile, inesorabilmente, si avvicina e con esso si inasprisce tutto il dibattito elettorale. Dopo soli due anni, il governo Prodi è caduto: il colpo di grazia è arrivato dal Ministro di Grazia e Giustizia Clemente Mastella, che evidentemente non ha perso l'occasione per sentirsi al centro della contesa politica, quasi fosse "l'ago della bilancia" in vista del governo del paese.
Gli eventi successivi alla caduta di Prodi erano prevedibili: Walter Veltroni, eletto segretario del Partito Democratico con delle primarie plebiscitarie, ha scelto di "correre da solo", italianizzando lo slogan americano "We can" (Si può fare), e lanciando una piattaforma programmatica che, in un minestrone dove si trova di tutto e di più (sulla falsariga dello slogan della Rai di qualche anno fa), manifesta una netta carenza dal punto di vista delle richieste e battaglie sociali storicamente portate avanti dalla sinistra.
La scelta di non cercare l'accordo con la "sinistra radicale", cioè con gli elementi più a sinistra del PD (Verdi, PRC e PdCi) è stata presentata come una volontà di modernizzazione del sistema politico (evidentemente cercando la costruzione di un sistema bipartitico PD-PdL), ma per questioni meramente matematiche rischia di consegnare definitivamente il paese in mano a Berlusconi, il quale tra l'altro con l'abbraccio definitivo ad AN e la rottura con i democristiani di Casini, s'è spostato a destra nella geografia politica italiana. A livello di programma e di candidati, si diceva, il minestrone dei democratici punta su una "riduzione della spesa pubblica primaria", che quindi mira a proseguire (con modi più drastici e neo-liberisti, dato anche lo smarcamento dalla sinistra) la risistemazione dei conti pubblici avviata da Prodi e Padoa Schioppa, con soprattutto il taglio delle tasse (tema tradizionalmente berlusconiano nel nostro paese), che testimonia una corsa al centro. Sulla eterogeneità, nonostante la conclamata coesione e libertà d'azione del Partito Democratico, della compagine veltroniana s'è già detto tanto, dalla bizzarra convivenza Binetti-Bonino alla dicotomia industriale-operaio nelle liste, ma il rischio evidente che la sinistra, non solo nei simboli ma nelle richieste di cambiamento di società, sparisca ha portato coloro che ancora in queste richieste credono a unirsi, attraverso i cosiddetti Stati Generali della sinistra, nella "Sinistra Arcobaleno". Scelta naturale, per la guida del soggetto politico e la candidatura a Premier, è stata quella di Fausto Bertinotti, leader storico di Rifondazione Comunista e Presidente della Camera uscente. Questo, in barba alla pacificazione nazionale portata avanti dal sorriso ecumenico di Veltroni, sta rilanciando i temi caldi classici della sinistra realmente tale, dall'ambiente alla tutela dei diritti dei lavoratori, dall'articolo 18 alla costruzione di una vera politica di pace e non di guerra, con la speranza che gli elettori, pur ricattati dai moderati alla ricerca del "voto utile" comprendano l'importanza di queste iniziative e problematiche e non si lascino sedurre dalla "semplificazione" proposta dai due partiti principali in questo momento: se semplificazione vuol dire ridurre la voce delle classi meno abbienti, inseguire la destra sui suoi temi classici come la xenofobia (tutta inserita alla voce "sicurezza") e un non meglio specificato taglio delle tasse (che invece per la sinistra non può prescidere dal fatto che le tasse siano tutti a pagarle), è bene aprire gli occhi e capire dove realmente stia l'istanza di cambiamento.

Nel 2001, in occasione di un'altra contesta elettorale alle politiche, Bertinotti e il PRC furono accusati, dalla stampa "moderata" (eufemismo con cui nel XXI secolo si cela il termine borghesia) di aver tradito la sinistra consegnando le chiavi del paese in mano a Berlusconi e alla CDL. Oggi che è stato Veltroni, invece, a chiudere definitivamente le porte all'esistenza di un centro-sinistra organico e basato sull'accoppiata sinistra riformista-sinistra radicale, non più di tradimento si tratta ma di "scelta coraggiosa", innovativa, modernizzante: il sospetto che, come diceva Carlo Marx, le "idee dominanti sono quelle delle classi dominanti" è più che un sospetto, e non può che darci forza e spinta per fare in modo che la voce della sinistra, pur coperta dal ricatto moderato del "voto utile" non sparisca e anzi difenda e tuteli come sempre gli interessi della collettività.

Matteo Portoghese

Nessun commento: